"Gli 80enni di oggi non hanno fatto la guerra ma hanno visto i grandi cambiamenti della società."
C’è uno spettacolo fuori dal comune al debutto al teatro Menotti di Milano, fino al 18 maggio. S’intitola “Il tramonto sulla pianura” ed è tratto dall’omonimo romanzo di Guido Conti. Per metterlo in scena Emilio Russo, che firma la regia con Caterina Spadaro, ha scelto attori non professionisti selezionati tra i candidati over 65.
Dunque la compagnia dei 16 interpreti ha fatto della sua atipicità un punto di forza per rappresentare al meglio il racconto di Conti, che per l’occasione è stato modellato e plasmato secondo le esigenze.
Infatti la storia si svolge in una casa di riposo nella pianura padana, dove si incrociano le storie di personaggi che assistono alla riassunto della propria vita e allo stesso tempo sono testimoni di un mondo che cambia.
Emilio Russo ha raccontato come è stato lavorare alternando la trama del racconto e le vite intense dei suoi protagonisti.
Quando ha deciso di portare in scena questo romanzo?
Quando ho letto il libro mi ha colpito il fatto che fosse stato scritto nel 1989, un periodo storico in cui il mondo stava cambiando, cadeva il muro di Berlino e c’era una rivoluzione in atto. Nonostante questa rivoluzione apparente, l’attenzione dell’attore era focalizzata sulla casa di riposo. Quella lettura mi ha fatto capire che la storia siamo noi perché è fatta dalle persone.
Perché ha scelto attori non professionisti?
Volevo che in scena ci fosse una verità estrema e chi avrebbe potuto farlo meglio? Quando ci sono state le audizioni si sono presentate circa 60 persone over 65. Tra di loro io e Caterina Spadaro abbiamo scelto in base alle nostre esigenze 16 attori, alcuni dei quali avevano già avuto esperienze di teatro amatoriale.
Come avete organizzato il lavoro?
Le prove sono durate un mese e mezzo. Mi sono reso conto che la grande ricchezza che potevano insegnarmi queste persone era il tempo. Si sono dedicati anima e corpo alle prove, forse anche più degli attori professionisti. Il tempo è un bene prezioso e spesso ce ne dimentichiamo. Inoltre ognuno dei 16 protagonisti ha influenzato in qualche modo il testo con il proprio intervento o la sua storia personale.
Durante le prove come si è comportato il cast?
Hanno avuto tutti una dedizione commovente per questo progetto. Confesso che all’inizio mi spaventava la prova mnemonica che avrebbero dovuto affrontare degli attori non professionisti e quindi non abituati a recitare. Invece si sono dimostrati all’altezza anche nell’imparare il copione. Sono davvero molto preparati.
Il teatro ha un ruolo salvifico?
È un antidoto alla solitudine e fa bene a tutti, indipendentemente dall'età. Uno dei nostri protagonisti ha una malattia degenerativa e i suoi familiari ci hanno detto che questo periodo in teatro gli ha fatto meglio della terapia.
E in scena che cosa succederà?
I nostri protagonisti cantano, ballano, suonano e recitano, ognuno ha una parte in base alle proprie inclinazioni. Nel testo abbiamo cercato di favorirli, non li abbiamo forzati in alcun modo.
Come ha trovato questa generazione di attori?
Gli 80enni di oggi non hanno fatto la guerra ma hanno visto i grandi cambiamenti della società. Sono una parte della nostra memoria collettiva che sta bene e invecchia al meglio.
Dunque il pubblico a che cosa assisterà?
Va in scena un sentimento molto forte, è impossibile non accorgersene. Vorrei che gli spettatori guardassero “Il tramonto sulla pianura” come uno spettacolo inserito in un cartellone ufficiale di teatro, senza dimenticare però che si tratta di interpreti amatoriali.